In Italia, molte le aree ad elevato rischio idrogeologico
“Ma quale è la causa? Il territorio marchigiano – ha proseguito Farabollini - ha dovuto subire più volte, con sempre maggior frequenza, eventi disastrosi legati a precipitazioni meteoriche considerate anomale (che per effetti mediatici vengono definite “bombe d’acquaâ€) ma che di anomalo hanno solamente il fatto che si ripropongono con tempi di ritorno molto più brevi rispetto al passato, e non certo per la quantità di pioggia caduta.
E ci risiamo, con l'aggravante degli scarsi interventi riguardo la pianificazione e programmazione territoriale: fossi ostruiti, alvei dei fiumi completamente pieni, alberi caduti, fossi demaniali in condizioni pietose, fogne otturate da detriti. Inoltre per le strade erba alta 1 metro e mezzo, fossi di banchina inesistenti, tratti di scarpata a rischio frana.
Queste piogge hanno riproposto situazioni e criticità già note per la loro ricorrenza, a cui se ne sono aggiunte di nuove come conseguenza della crescente antropizzazione, del sempre più manifesto abbandono dei coltivi, della carenza di interventi manutentori del territorio, dell’inesistente pulizia ordinaria e straordinaria dei fiumi e dei torrentiâ€.
“In Italia dal 2009 al 2012 i fondi per il rischio idrogeologico – ha concluso Farabollini - sono passati da 551 ad 84 MLN di euro. La naturalità dei fiumi e delle piane alluvionali dove il fiume stesso scorre, è stata via via modificata se non completamente cambiata attraverso restringimenti di alveo, cementificazione degli argini, impermeabilizzazione delle aree golenali dei fiumi, rettificazioni e modificazioni della sinuosità , interruzioni dei deflussi, realizzazione di canalizzazioni e di opere in cemento armato e/o in muratura.
Questi interventi si sommano a quelli che vedono la modificazione dei versanti attraverso l’abbandono dei coltivi, alla carenza di opere di contenimento dall’erosione meteorica e di sistemazione idraulica, alla mancanza di manutenzione dei fossi di scolo di raccordo con il reticolo idrografico minore e di quest’ultimo con il fiume stesso.
Alla fragilità naturale del territorio, si sono sommati : urbanizzazione selvaggia, scellerato consumo del suolo, disboscamenti senza programmazione, quartieri costruiti negli alvei, disprezzo e violazione di ogni norma di pianificazione.
La manutenzione ordinaria e straordinaria, permette, in prima battuta, di mantenere il corso d’acqua in grado far defluire le piene ordinarie; nel caso in cui, come in questi giorni, gli eventi meteorici siano concentrati in poche ore, la sola manutenzione ordinaria non è più sufficiente, date le caratteristiche morfologiche dei fiumi e degli alvei, notevolmente trasformate rispetto al passato. Ecco quindi che bisogna ragionare in termini di “ripristino degli spazi di pertinenza fluviale†e di “programmazione territoriale†in funzione dei tanto conclamati “cambiamenti climaticiâ€.
Il territorio è la più grande infrastruttura, la sua salvaguardia non può più aspettare, non è possibile prescindere dall’attuazione di misure rigide e ragionate finalizzate a garantire ad ampio raggio adeguati interventi nell’ottica di un concreto cambio di rotta. Solo quando la cultura della emergenza sarà radicalmente sostituita da quella della prevenzione potremo ritenerci soddisfatti.
L’abusivismo e l’illegalità sono stati tra le cause principali dello scempio del nostro territorio, con i conseguenti conteggi di danni, distruzioni e lutti. L’emergenza permette di gestire una gran mole di fondi che vanno in deroga a qualsiasi norma sugli appalti pubblici e, soprattutto, che altrimenti non sarebbero disponibiliâ€.
Fonte: Consiglio Nazionale dei Geologi