Le magiche visioni di Maya Deren
Ucraina naturalizzata americana, nata da una famiglia di grande cultura (il padre era una psicanalista e curiosamente Deren – femminista nel suo pensiero filmico – si definiva un’escrescenza della mente paterna), si interessa all’avanguardia ed alle suggestioni provenienti dal surrealismo francese.
“Meshes of the Afternoonâ€, considerato il suo capolavoro che fu girato con la collaborazione del marito Alexander Hamid, è una delle sue pellicole più caratterizzate dal binomio realtà e sua rappresentazione, dove l’autrice usa poeticamente le immagini legate tra loro secondo criteri simbolici ed associativi. Interprete lei stessa del suo film, crea passaggi dalla ripresa oggettiva a quella soggettiva infrangendo così la rappresentazione della realtà . La lettura del “Libro tibetano dei Morti†influenzò molte sue scelte stilistiche come la famosa figura in nero col volto di specchio che più volte ritorna nel corso del film, o la “doppia†soggettiva dello specchio che s’ispira ad una pratica buddista per osservare il mondo attraverso un filtro.
Una giovane, la stessa Deren, pare essere sulle tracce di una misteriosa figura- La scena, che si ripete più volte, porta alla moltiplicazione della protagonista mentre la figura inseguita è a volte coperta da un mantello. Ma poiché il suo è un cinema totalmente antinarrativo, mancano nel film (che vinse il Grand Prix International a Cannes per la sezione opere sperimentali) la linearità della narrazione e la chiarezza figurativa. La totale trasgressione del tempo reale e la sua direzione di ricerca eterogenea turbano la normatività percettiva. Il ritmo del film è quello della visione e del sogno, con una forte indagine sull’inconscio. Nei pochi films realizzati la costante dell’artista è la dimensione magica con uno sguardo ai riti voodoo ed alla trance, riuscendo a trasportare entrambi sul piano della ricerca artistica e coreografica.
Poiché la sua opera è costantemente onirica e poetica, visionaria e rituale, è considerata attuale ed ispiratrice di molti artisti visuali del momento, nonché il punto d’incontro tra lo sperimentalismo di Dziga Vertov e quello più contemporaneo di Reggio.
Mariateresa Crisigiovanni